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Habana. Il mito e la storia 1

lug 18, 2023

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HABANA



C’era una volta un uomo che aveva una moglie. La moglie era una strega e tutte le notti, mentre il marito dormiva, usciva volando dalla capanna per andare a trovare un gigante col quale si giaceva. Informato dai vicini, l’uomo si consultò con lo sciamano che gli ordinò di tagliare la testa alla moglie e di seppellirla. Dove era sepolta la testa spuntò una zucca. Quando il frutto fu maturo si spaccò e ne uscirono quattro bambini piccini, tre maschi e una femmina. Poiché erano senza madre, la vergine del cielo (la luna) li nutrì col latte del suo seno. La fanciulla nata dalla zucca fu chiamata Xochit Sihuat, la fanciulla in fiore e, col passare del tempo, divenne una delle più belle donne che siano mai vissute. I suoi neri capelli erano molto lunghi e lei era sempre circondata da un fresco profumo. Nessun uomo mi avrà – ella diceva – ma dopo che sarò morta tutte le genti del mondo trarranno diletto dalla meravigliosa essenza che è in me. Morì giovane e vergine, come ella aveva voluto; e dalla sua tomba crebbe una pianta chiamata yetl la quale ha un aroma così fine e qualità così divine che non si incontrano in nessun altra pianta del mondo. Quella pianta era il tabacco.

Questo antico e poetico mito azteco non è l’unico che colleghi con la bellezza, con la femminilità e con la fecondità l’origine del fumo. I Crick, un popolo di pellirosse che vivevano nei confini dell’attuale Alabama, raccontavano di un giovane che si era perdutamente invaghito di una fanciulla. Durante un’escursione i due rimasero soli. Egli le disse che la desiderava e le chiese di diventare sua moglie ed ella acconsentì . Dopo un po’ di tempo, egli rivisitò il luogo in cui si era per la prima volta giaciuto con la donna e vide che vi cresceva una bellissima pianta. Allora tornò dai suoi, mostrò loro la pianta e raccontò com’erano andate le cose. Essi dissero: la chiameremo hitci e quando la fumeremo la chiameremo haisa allo stesso modo dell’amplesso.

Ancora più a nord, nell’attuale Maine, viveva il popolo dei Penobscot. Una loro leggenda narrava che in tempi antichi c’era stata una grande carestia. I fiumi e i laghi erano secchi e nessuno sapeva trovare un rimedio. Alla fine comparve una fanciulla di grande bellezza e un giovane la sposò. Ma ben presto ella divenne triste e riservata e passava molto tempo nella foresta. Un giorno il marito la seguì e vide che andava ad incontrarsi con un serpente che era il suo amante. Vistasi scoperta, ella si mise a piangere e dichiarò di aver fatto quello che aveva fatto perché aveva una missione da compiere. Se il giovane avesse seguito le sue istruzioni ne avrebbe cavato un gran bene per sé e per il suo popolo. Quindi gli disse che doveva ucciderla con un’ascia di pietra e trascinare il suo corpo in una radura della foresta finché la carne si fosse staccata dalle ossa. Poi doveva tornare alla sua tenda e aspettare sette giorni. Intanto, lei lo avrebbe visitato in sogno istruendolo sul da farsi. Egli obbedì. Nei sogni la fanciulla gli confidò di essere la madre del grano e del tabacco e gli insegnò a coltivare queste piante per mangiare e per fumare. Dopo sette giorni egli tornò alla radura e vide che le piante erano già alte. Le spighe dorate e il verde-bruno delle foglie gli ricordavano la sposa defunta. Da allora queste piante hanno nutrito gli Indiani e confortato nel dolore gli animi loro.

Ecco qua. Spuntato sulla tomba di una bellissima vergine, fecondato da un amoroso amplesso, concimato con quella specie di trito di fiorente sposa: non si può proprio dire che il tabacco e la sua origine siano passati inosservati nell’America precolombiana. E tanta attenzione raramente viene dedicata, nei miti, a cose di poca importanza. Da noi, l’invenzione del vino è stata attribuita a Noè nelle tradizioni ebraiche, a Dioniso in quelle classiche. Un patriarca e un dio, e scusate se è poco. Mentre non mi risulta, ad esempio, che ci sia qualcosa nella mitologia che riguardi le origini della caciotta.


Smoking numero 3 anno quindicesimo, 1989.

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